La città è un insieme di stratificazioni, è un organismo vivo.
Questo significa che presupposto fondamentale per la conservazione è la presenza della vita. Un edificio per meritare di essere conservato deve garantire fra le tante altre cose la continuità della vita , deve ospitare la vita e quindi deve essere adatto a ospitarla. In altre parole deve essere funzionale e adatta all' uso. Altrimenti le città senza vita si riducono a null'altro che città fantasma.
La vita che questi edifici dovrebbero ospitare è quella dell'uomo del 2020 che è evidentemente diversa da quella antica..... Le esigenze in particolare.
Risultato: la trasformazione è l'unico modo per garantire la conservazione perché è l'unico modo per garantire la funzionalità ovvero la continuità della vita delle nostre città e dei nostri edifici.
Ma da chi dipendono quelle trasformazioni? Se fossero gli architetti sarebbe tutto molto facile ma purtroppo non è così....
Gran parte della volontà di eseguire queste trasformazioni e le modalità sul come eseguirle, è scelta dei committenti, privati o pubblici che siano.
Vi sono due modi di affrontare la questione.
Si può nascondersi dietro al problema e affermare che oltre al mantenimento della vita, altro presupposto è il fatto che il restauro/riuso/conservazione necessiti necessariamente di un committente illuminato che abbia la famosa e decantata sensibilità... E allora potremmo pure iniziare a parlare di rapporti nuovo-antico, di prassi progettuali ecc ecc ecc.
Ma il problema nazionale legato alla preservazione del patrimonio storico non sarebbe comunque risolto.
Perché è un modo di raggirare e fuggire in termini semplicistici al problema molto più grande e complesso che sta a monte, una premessa da risolvere prima ancora delle implicazioni del rapporto nuoco/antico perché se non ci sono i presupposti per instaurare il rapporto non ha nemmeno senso parlarne.
E questi presupposti esistono per una porzione molto limitata della popolazione ovvero i famosi committenti illuminanti. Ma il resto?
Lo "spirito del tempo" tanto decantato da Mies è oggi anche strettamente legato all'aspetto economico: oggi il contemporaneo, per la maggior parte della popolazione, richiede soluzioni creative ed eleganti che devono rispettare però imprescindibilmente parametri economici molto restrittivi che rendono conto della crisi economica del 2008. L'aspetto economico del tanto decantato "budget" e della fattibilità economica è oggi molto più influente rispetto a un tempo (ci riferiamo ovviamente alla media delle Commissioni, perchè su quelle deve essere impostato un problema che deve essere risolto su scala nazionale).
Altrimenti se non si tiene conto di questa fattibilità si rischia di realizzare solo edifici per committenza di nicchia o per le grandi location, dimenticandosi della "gente comune" e dei contesti più poveri che gridano all'unisono aiuto.
Che tipo di popolazione è quella italiana? Per lo più sono persone che non ha sensibilità particolare verso il restauro che viene vista quasi come una questione di nicchia, in quanto manca una sensibilità generalizzata sull'opinione pubblica (come era qualche anno fa con la sostenibilità) e che vive in condizioni economiche medie.
Questo significa che è una popolazione che per la grande maggioranza fa molto attenzione all'aspetto economico dei suoi investimenti.
Il problema che definisce la presenza o meno del presupposto sta tutto qui: fintanto che il restauro di un vecchio fienile costerà 2000 €/mq e demolirlo e ricostruirlo invece 1400, come possiamo pensare che l'italiano medio a cui non interessa nulla del restauro in senso teorico e culturale e soprattutto sta attento al risparmio perché non è benestante, scelga la prima?
Questo unito alla scarsa sensibilità porta a uno scenario triste ma del quale è meglio che iniziamo a prendere atto: la maggioranza della popolazione italiana non vuole, al momento, investire soldi nel recupero perché lo vede come un "buttare via soldi" (perché dovrei restaurare se mi costa meno ricostruire? Quante volte sentita questa frase...)
Finché restaurare costerà all'utente finale molto più di ricostruire e finché contestualmente la società italiana sarà in condizioni economiche non così floride, mancheranno i presupposti di fattibilità tali da garantire la trasformazione/restauro/riuso/ristrutturazione degli immobili storici, che quindi rimarranno privi di un uso e di una funzione in grado di ridare loro la vita. Ed è così che viene meno il senso stessa della loro conservazione. Purtroppo per noi.
Non è forse arrivato il momento di procedere, come fu per il fotovoltaico e le fonti rinnovabili, a una massiccia campagna di sensibilizzazione e a una forte politica di agevolazioni (magari non utopica e demagogica.......) in tema di recupero e restauro in grado di spingere anche i meno ricettivi a perseguire questa strada spinti dalla convenienza economica? (d'altronde, con il rinnovo prestazionale degli edifici ha funzionato...)
Arch. Nicola Piacentini
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