Pensiamo a una vicenda familiare estremamente verosimile, come la seguente.
Luca ed Elisa, due giovani di 32 e 29 anni, decidono di costruire la loro prima casa. Lei è part time, lui un Partita Iva.
Le finanze non sono poi così floride, e il futuro è incerto. Quindi i due optano forzatamente per una casa modesta. Ma se dovesse nascere un figlio fra una decina di anni? saranno costretti a vendere la casa costata tanti sacrifici per prenderne una più grande? saranno costretti a ristrutturarla?
In conclusione del nostro ragionamento sulla flessibilità domestica, in questo articolo analizziamo il terzo grado di flessibilità.
E' quello più invasivo, che permette ampliamenti o riduzioni del nucleo familiare.
Il terzo grado di flessibilità permette all'alloggio di stravolgere il nucleo familiare per il quale è pensato.
Una delle più grandi lezioni che la storia dell'architettura ci ha insegnato a riguardo della tipologia residenziale, è che essa si relaziona sempre con le condizioni socio-economiche del periodo storico nel quale viene costruita.
Ne sono una testimonianza gli immobili derivati dal secondo dopoguerra: essi risultano pensati per nuclei familiari e tipi di famiglie completamente differenti da quelle odierne. Questo porta alla conseguenza che, nel momento in cui oggi si acquista uno di questi immobili, si debba necessariamente intervenire pesantemente.
Talvolta, i tagli sono così inadeguati che un singolo alloggio può addirittura essere diviso in due alloggi più piccoli e viceversa.
Queste operazioni risultano generalmente estremamente invasive, in quanto stravolgono completamente l'apparato impiantistico e distributivo con spese talvolta insostenibili.
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Arch. Nicola Piacentini
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